2015 – GREY magazine
C_ART_A
by GIANLUCA MARZIANI
artist DANILO BUCCHI
1.1
In order to preserve the singularity of this unique collaboration between the artist and Grey, the original text wasn’t translated, like a latin catholic prayer. It concerns the DANILO BUCCHI’s work and its relationship with the white paper—the same white paper grey is made of—and the universal round body which inhabits caves and monitors.
C_uore
Esiste, qui e ora, una matrice condivisibile che definisce geografie omogenee e storie combacianti: è la CARTA, limbo scenico di un’idea in comune, cuore di un progetto editoriale che si trasforma in oggetto animato. Un artista e una rivista declinano qui la loro foliazione ideale, “vestendo” la metafisica del bianco tramite l’epilogo figurativo del corpo universale.
L’immaginazione diventa impaginazione
ART_e
Carta non canta ma suona, distillando haiku sonori che originano idealmente dal sottile segno nero di DANILO BUCCHI, da una fluida essenzialità del gesto tra automatismo e metodo, scatto e persistenza, impatto e germinazione. La carta: superficie di origine e mutamento per un artista che fa combaciare disegno e pittura, ricreando l’intensità della tela nella biologia della cellulosa.
La carta: superficie congenita per un magazine che impagina abitazioni mentali dentro il vestire, distillando dialoghi lungo le protesi indossabili del sistema Moda.
Bucchi esprime la circolarità del corpo attraverso l’espressione continua del segno, vestendo il foglio come se le sue figure fossero abiti che aderiscono a misura di vuoto. L’artista fende quel bianco con azioni diaristiche sullo scheletro impaginabile, anticipando le meccaniche del design indossabile, quando i volumi rilasciano bellezza attraverso complessi sistemi comunicativi.
La moda come habitus. L’arte come habitat
Azioni adiacenti. Congiunzioni di un dialogo
A_rmonia
L’incontro tra Bucchi e Grey si sostanzia in un’attitudine sartoriale, dove l’autonomia artistica si armonizza al progetto editoriale, lungo sintonie che vestono le pagine con l’impressione rapida del corpo, l’emozione della silhouette immaginifica, l’evidenza segnica di un’oscillazione liquida. Bucchi fonde assieme i graffiti di Lascaux e la sintesi elettronica, metabolizzando caverne e monitor lungo l’eterno futuribile del foglio monocromo. Il primitivismo del tratto alchemico incontra lo spirito del digitale, narrando piccole profezie intime, empatie dei sensi, connessioni emotive, vertigini relazionali. La manualità non è mai stata così essenziale e “tecnologica”.
Il segno di Bucchi crea filamenti connettivi tra il foglio e lo sguardo…