2011 – SYMPHONIES OF IMAGES AND SOUNDS

“In secoli di storia dell’arte, dove tutto è paragonabile e riconducibile a qualcuno, ed è quindi già fatto, già visto, ho capito che la vera differenza tra un artista visivo piuttosto che un altro risiede nel suo segno primario, quello che nasce in una pagina di taccuino, quello che ha il coraggio per primo di rompere l’equilibrio del bianco. La fragilità di un segno risente di più stati d’animo tra cui la musica. Quanta responsabilità ha quello che ascolti mentre disegni? Ma se fosse quello che disegni ad emettere un suono?”, scrive Danilo Bucchi innescando l’idea di un progetto performativo insieme a Giuseppe Stagnitta (psicologo dell’arte), Paolo Giliberti Panettoni (programmatore software e feedback) e Gerardo Greco (designer del suono), quattro artisti provenienti da esperienze diverse che utilizzano modalità d’espressione multimediali, tra immagini e suoni. L’idea è quella di attivare un “processo creativo collettivo”unico grande corpo“ipercorpo”“Sinfonia” che si svilupperà, in senso orizzontale attraverso il contributo dei singoli strumenti, e in senso verticale grazie alla somma dei linguaggi artistici nella coordinata del tempo, dando vita così ad una vera e propria Sinfonia d’Immagini e Suoni.
L’obiettivo principale che si prefigge il gruppo è quello di catturare il momento creativo del pittore per farlo esplodere nel qui e ora della creazione, nella sua pienezza emotiva e di significati, a vari livelli di linguaggio, attraverso quella sintesi espressiva e comunicativa caratterizzata dalla performance.

Danilo Bucchi crea un’opera improvvisando, in modo estemporaneo, con l’ausilio del solo segno (identità dell’artista) su un supporto satinato, che è posto su un tavolo di plexiglas, dove è inserita una telecamera. L’immagine catturata dalla telecamera prende due direzioni: una viene proiettata sullo schermo retrostante in alta risoluzione e l’altra entra nella consolle di Paolo Giliberti Panettoni, che cattura il segno visivo trasformandolo, tramite un processo digitale (attraverso un software con un’applicazione programmata su misura dell’immaginario sonoro di Danilo Bucchi e delle suggestioni sonore legate al suo segno), in suono. Il “suono dell’immagine”, appunto. La creazione musicale della performance è affidata alle mani di Gerardo Greco e Rossano Baldini. Il primo è il centro catalizzatore di ogni variazione, cioè ogni suono converge nella sua postazione, così da essere modificato, composto e decomposto. Il secondo compone e sviluppa le idee musicali, i temi, le sensazioni e le cellule sonore, intervenendo con il pianoforte, così da completare finalmente in musica il processo creativo, volto al termine e pronto a ripartire in uno scambio infinito. Le immagini sono trasformate in suoni tramite il software che crea un feedback tra la variabile “segno in movimento” e “suono”. I suoni dell’immagine sono la base, l’input per la composizione in tempo reale dei musicisti. Il movimento del segno sul supporto satinato trasparente catturato dalla telecamera è trasformato in segnale Midi (“Music Instrument Digital Interface”, ovvero “interfaccia digitale per strumenti musicali”). Tale segnale è controllato da Paolo Giliberti Panettoni, che apre in tempo reale la partitura Midi, mandatagli e creata dal segno di Bucchi, convogliandola all’esterno verso la consolle di Gerardo Greco, così da creare un vero e proprio suono, pronto per essere arricchito dalle creazioni di Rossano Baldini. La tecnologia usata per realizzare il feedback utilizza telecamere in alta risoluzione proprio perché la costruzione del dispositivo hardware e software, che elabora l’immagine e orchestra il feedback creativo, è stato pensato per processare una quantità di dati enorme, e quindi con una grande qualità di definizione visiva e di conseguenza audio e percettiva.In questa performance il video è un elemento lineare e limpido come l’ispirazione pura. Tecnicamente il computer analizza l’attimo, tralasciando il disegno e il segno appena avvenuto; infatti attraverso una precisa impostazione tecnica il sistema fa sparire il disegno già composto dando spazio e importanza al tratto che sta concretizzandosi in quell’istante, nella proiezione, nel suono e ovviamente nel momento creativo del pittore. Il segno nella pittura classica scorre dinamico su una superficie che è il supporto materiale destinato a ricevere il contenuto dell’opera, si tratta solitamente di una tela. L’opera risulta dunque essere limitata da due linee orizzontali e due verticali. In questo caso l’esecuzione e conseguentemente la fruizione dell’opera è in movimento, non bloccata e statica attraverso la tela e neanche dai confini di uno schermo in cui fruisce semplicemente l’immagine in movimento, il segno esce dalla superficie bidimensionale della tela e tridimensionale dell’immagine in movimento, per essere fruita insieme al suono che emette. Segno vissuto nel qui e ora del suo momento creativo. È come se riuscissimo a far uscire/fruire, attraverso questa macchina (nuova forma di comunicazione dell’arte), quello che vive realmente il pittore nell’istante in cui crea il segno sulla tela, in quel momento del vissuto della creazione nella sua completezza: segno completo del suo sforzo muscolare/tensione, del suo movimento, della sua direzione, dell’immaginario sonoro, del suono che emette nell’immaginario dell’artista.

Vorrei concludere questa presentazione con una riflessione sulla natura del segno e dell’immaginario sonoro di un grande pittore del ‘900, Wassily Kandinsky: “Sono il colore e la forma a possedere una sonorità interiore che viene trasmessa percettivamente attraverso il quadro, al di là del fatto che questo rappresenti degli oggetti, una storia, un paesaggio, oppure costruisca un mondo di forme autonome e completamente separati dai fenomeni naturali”. Il tema della tensione è centrale in tutte le forme di espressione artistica, dalle arti figurative, al teatro e alla musica. Per questo Wassily Kandinsky in Punto, linea e superficie (trad. 1926) sottolinea l’importanza delle tensioni e io con lui, aggiungendo che le immagini dell’opera d’arte evocano essenzialmente tensioni corporee, che sono successivamente proiettate sull’immagine originaria.In questo senso credo che l’Immaginario sonoro sia il frutto del vissuto dell’atto psicomotorio in cui l’artista si immerge durante il processo che si conclude nel segno. Vissuto corporeo che si traduce in vissuto sonoro, come rappresentazione sonora dell’atto motorio, nel momento del movimento/esternalizzazione del vissuto creativo che fluisce nel puro segno. Chi non avesse mai visto uno strumento musicale, per esempio un abitante di un altro pianeta, avrebbe difficoltà ad immaginare che tanta ricchezza di suoni possa nascere dal movimento di corde di diversa lunghezza e di diverso spessore: da corde diversamente tese! Il corpo ha più muscoli che l’arpa corde! I muscoli del corpo suonano per il suo autore. La musica corrisponde ai vissuti soggettivi generati dal gioco di tensione dei muscoli. Le variazioni di tensione e l’attività reafferentata e sintetizzata generano le diverse sensazioni-sentimenti: di leggerezza, pesantezza, rabbia, etc… uno stimolo che in noi elicita leggerezza, appunto, 2 produce un vissuto di leggerezza attraverso modificazioni di tensioni che successivamente proiettiamo sullo stimolo stesso (Vezio Ruggeri, 2002). Caratteristica essenziale della linea è l’intervento di una o più forze esterne che consentono il passaggio dalla staticità al dinamismo. Esistono dunque in essa una tensione (forza virtuale) e una direzione (forza in atto). Con il segno ha inizio, dunque, un atto di comunicazione, di esternalizzazione dei propri significati…dove il significante scatena un processo comunicativo a catena… Catena di significati (sia emotivi che di contenuto) che uniscono in modo continuo artista e fruitore secondo uno schema preciso che trova una formula precisa: momento/atto creativo dell’artista – espressione/comunicazione del significato attraverso il significante – percezione – decodificazione imitativa (empatia) – fruitore. Catena infinita del processo creativo.

Giuseppe Stagnitta